Alberto Pasini nasce a Busseto il 3 settembre 1826 da Giuseppe e Adelaide Crotti Balestra. Nel 1828, a seguito della morte del padre, si trasferisce con la madre a Parma. Nel 1843 si iscrive – senza mai concluderla – alla locale Accademia di Belle Arti, scegliendo dapprima la sezione di paesaggio e scenografia diretta da Giuseppe Boccaccio, e successivamente (1848) quella di disegno e litografia guidata dall’incisore Paolo Toschi. Nel 1849 partecipa alla prima guerra d’indipendenza nella colonna dei volontari di Modena. Rientrato a Parma, oltre a realizzare insegne pubblicitarie di negozi, esegue le Trenta vedute di castelli del Piacentino, in Lunigiana e nel Parmigiano: litografie di sua invenzione stampate a Parma dalla Tipografia Zucchi (1850-51), in parte poi riproposte ad olio e ad acquerello. Incoraggiato dal maestro Toschi, nel 1851 si trasferisce a Parigi. Qui lavora presso l’atelier del litografo Étienne Eugène Cicéri. Grazie a quest’ultimo, proprietario di una casa di campagna a Marlotte, presso Fontainbleau, entra in contatto con i paesaggisti dell’École de Barbizon (1852-53), dedicandosi alla pittura a olio en plein air. Nel 1854 apre uno studio con il pittore Théodore Chassériau, mentre l’anno seguente, in qualità di disegnatore, partecipa alla missione coloniale in Persia, Turchia, Arabia ed Egitto del ministro plenipotenziario Prosper Bourée. Durante la spedizione, durata diciotto mesi, e documentata da una numerosa serie di disegni, l’artista trova la sua definitiva e ideale fonte d’ispirazione. Rientrato a Parigi nel 1856, si trasferisce nel quartiere di Pigalle, dove tiene lezioni private di pittura e realizza quadri su commissione per ricchi collezionisti e case d’aste. Il 10 dicembre dello stesso anno ottiene dall’Accademia di Parma la nomina di accademico d’onore, primo riconoscimento ufficiale della sua carriere professionale. Nel 1859 compie un secondo viaggio in Oriente, con tappe in Egitto, Palestina, Persia, Libano e Grecia. Dopo il suo ritorno a Parigi esegue una serie di dipinti ad olio in ricordo della spedizione, servendosi principalmente dello sterminato materiale grafico realizzato in loco. Nel 1860 rifiuta l’offerta della cattedra di paesaggio all’Accademia di Parma, rimasta vacante dopo l’improvvisa morte di Luigi Marchesi. Nell’ottobre 1867 soggiorna per nove mesi a Costantinopoli, dove realizza cinquantuno studi ad olio, fra cui Perchembé Bazar (1868, Parigi, Musée d’Orsay), Mercato di Costantinopoli (1868, Madrid, Museo Thissen-Bornemisza) e Porta della moschea di YeniDjami a Costantinopoli (1870, Nantes, Musée des Beaux-Arts). Pur continuando ad avere casa a Parigi fino agli anni novanta, acquista nel 1870 la ‘Rabaja’, una villa in stile orientaleggiante sita sul promontorio che domina il corso Moncalieri e la strada Sabaudia nel quartiere Cavoretto di Torino. Nel 1878 partecipa all’Esposizione universale di Parigi con ben undici opere, ottenendo la nomina di ufficiale della Legion d’onore, la medaglia d’oro del Salon e quella per la sezione Italia. L’anno seguente soggiorna a Cordova e a Granada insieme al pittore Jean-Léon Gérôme e al mercante Adolphe Goupil: esperienza poi ripetuta nel 1883. Dal 1887 i suoi viaggi si fanno meno frequenti, limitandosi alle sole esposizioni: è a Parigi in occasione dei Salons (dal 1853 al 1896) e a Londra per l’Esposizione italiana di belle arti del 1888. Tra il 1891 e il 1899 porta a termina la serie di quadri dedicati a Cavoretto e al castello di Issogne. Nel 1895 è tra i membri del comitato promotore della Biennale di Venezia, mentre nel 1898 è chiamato a presiedere la giuria dell’Esposizione Nazionale di Torino.
Muore a Cavoretto il 15 dicembre 1899.